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576 ATTO SECONDO

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Ottavio. Voglio che mi diciate la vostra opinione. Ma ecco quel diavolo di mia moglie. Non posso seguitare il sonetto, non posso terminare la prefazione. Prenderò i miei fogli, e mi anderò a serrare nella camera di Brighella. (parte)

Arlecchino. Ah, signor poeta. (dietro ad Ottavio)

SCENA VIII[1].

Beatrice ed Arlecchino.

Beatrice. Galantuomo, chi siete voi?

Arlecchino. Un poeta, per servirla.

Beatrice. Siete anche voi uno scroccone simile al signor Tonino e alla signora Corallina?

Arlecchino. Giusto; son fradello della signora Corallina.

Beatrice. E siete anche voi venuto a scroccare con essi?

Arlecchino. Procurerò anca mi de farme onor.

Beatrice. Fareste meglio andar a lavorare.

Arlecchino. Per dirghela, no ghe n’ho troppa volontà.

Beatrice. Signor sì, col pretesto d’esser poeta, si fa vita oziosa e da vagabondo.

Arlecchino. Chi èla[2] in grazia?

Beatrice. Sono la padrona di questa casa.

Arlecchino. M’imagino che la sarà poetessa anca ella.

Beatrice. Sono il diavolo che vi porti. Andate fuori di qui.

Arlecchino. Come! Cussì se scazza i galantomeni?

Beatrice. Andatene, altrimenti vi farò cacciare per forza.

Arlecchino. La donna brava e accorta,

Scaccia chi ghe vol tor, e tol chi porta.[3] (parte)

SCENA IX[4].

Corallina e Beatrice.

Corallina. Signora, perchè scacciate voi mio fratello?

Beatrice. Perchè la mia casa non ha da essere il ricetto dei vagabondi.

  1. Sc. VI in Bett.
  2. Bett.: Chi ela ella.
  3. Bett. aggiunge: «Beatr. Temerario».
  4. Sc. VII in Bett.
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