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IL VERO AMICO 325

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SCENA XI.

Colombina e detta.

Colombina. Signora padrona.

Rosaura. Che cosa vuoi?

Colombina. È qui il signor Florindo.

Rosaura. È solo?

Colombina. Lo ha accompagnato sino alla scala il signor Lelio, il quale poi se n’è andato, ed il Veneziano è rimasto solo.

Rosaura. Presto, fallo passare.

Colombina. Egli è in sala, che parla con vostro padre.

Rosaura. Sì, mio padre lo vede volentieri, perchè gli fa dei regaletti.

Colombina. Sentiva che ora lo pregava mandargli da Venezia due para d’occhiali e un vaso di mostarda.

Rosaura. Ma che? Parte forse il signor Florindo?

Colombina. Mi pare certamente che abbia preso congedo[1].

Rosaura. (Oh me infelice! Questo sarebbe per me un colpo mortale). (da sè)

Colombina. Che c’è, signora padrona, vi siete molto turbata a queste parole? Sentite, io già me ne sono accorta. Il signor Florindo vi piace.

Rosaura. Cara Colombina, non mi tormentare.

Colombina. Vi compatisco: è un giovine di buonissima grazia, e mostra essere molto amoroso. Il signor Lelio ha una certa maniera sprezzante che non mi piace punto, e poi basta dire che il signor Lelio, in sei mesi e più che pratica in casa vostra, non mi ha mai donato niente, e il signor Florindo ogni giorno mi dona qualche cosetta.

Rosaura. Certamente il signor Florindo ha delle maniere adorabili.

Colombina. Dite il vero, siete innamorata di lui?

Rosaura. Ah, pur troppo! A te, cara Colombina, non posso occultare il vero.

Colombina. Gliel’avete mai fatto conoscere?

  1. Pap. aggiunge: dal signor padrone.
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