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26 ATTO PRIMO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu{{padleft:36|3|0]] coltivare immagini più stravaganti[1] dei sogni. Penso a cose che mi farebbero estremamente arrossire, se si sapessero i miei pensieri. Sento gente. Sarà madama Jevre.

SCENA VI.

Bonfil dalla porta comune, e detta.

Pamela. (Oimè! Ecco il padrone). (da sè)

Bonfil. (Sono impaziente). (da sè) Pamela, avete veduto madama Jevre?

Pamela. Da che vi lasciai, non l’ho veduta.

Bonfil. Doveva parlarvi.

Pamela. Sono pochi momenti che da voi, signore, mi licenziai.

Bonfil. Dite, che siete da me fuggita. Mi scordai di dirvi una cosa importante.

Pamela. Signore, permettetemi che io chiami madama Jevre.

Bonfil. Non c’è bisogno di lei.

Pamela. Ah signore! Che volete che dica il mondo?

Bonfil. Non può il padrone trattare colla cameriera di casa?

Pamela. In casa vostra non istò bene.

Bonfil. Perchè?

Pamela. Perchè non avete dama, a cui io abbia a servire.

Bonfil. Senti, Pamela, miledi Daure[2] mia sorella vorrebbe che tu andassi al suo servizio. V’andresti di buona voglia?

Pamela. Signore, voi potete disporre di me.

Bonfil. Voglio sapere la tua volontà.

Pamela. Si contenterà ella della poca mia abilità? Miledi è delicata, ed io sono avvezza a servire una padrona indulgente.

Bonfil. Per quel ch’io sento, non ci anderesti contenta.

Pamela. (Convien risolvere). (da sè) Sì signore, vi anderò contentissima.

Bonfil. Ed io non voglio che tu ti allontani dalla mia casa.

Pamela. Ma per qual causa?

Bonfil. Mia madre ti ha lasciata in custodia mia.

  1. Bett. e Pap.: disperate.
  2. Nei Mèmoires, II, c. 9, l’autore scrive Dauvre.
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