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PAMELA 27

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Pamela. Se vado con una vostra sorella, non perdo l’avvantaggio della vostra protezione.

Bonfil. Mia sorella è una pazza.

Pamela. Perchè dunque, perdonatemi, me l’avete proposta?

Bonfil. Per sentir ciò che mi rispondevi.

Pamela. Potevate esser sicuro che avrei detto di sì.

Bonfil. Ed io mi lusingava che mi dicessi di no.

Pamela. Per qual ragione, signore?

Bonfil. Perchè sai ch’io ti amo.

Pamela. Se questo è vero, signore, andrò più presto a servire vostra sorella.

Bonfil. Crudele, avresti cuore[1] di abbandonarmi?

Pamela. Voi parlate in una maniera che mi fa arrossire e tremare.

Bonfil. Pamela, dammi la tua bella mano.

Pamela. Non l’avrete più certamente.

Bonfil. Ardirai contradirmi?

Pamela. Ardirò tutto, pel mio decoro[2].

Bonfil. Son tuo padrone.

Pamela. Sì, padrone, ma non di rendermi sventurata.[3]

Bonfil. Meno repliche; dammi la mano.

Pamela. Madama Jevre? (chiama forte)

Bonfil. Chetati.

Pamela. M’accheterò, se partite.

Bonfil. Impertinente! (s’avvia verso la porta comune)

Pamela. Lode al cielo, egli parte.

Bonfil. (Chiude la porta, e torna da Pamela.)

Pamela. (Cielo, aiutami). (da sè)

Bonfil. Chi son io, disgraziata? Un demonio che ti spaventa?

Pamela. Siete peggio assai di un demonio, se m’insidiate l’onore.

Bonfil. Via, Pamela, dammi la mano.

Pamela. No certamente.

Bonfil. La prenderò tuo malgrado.

Pamela. Solleverò i domestici colle mie strida.

  1. Bett.: avresti cuore, crudele.
  2. Bett.: per tutelare la mia onestà.
  3. Segue in Bett.; «Bonf. Sei una sciocca. Pam. Sono una fanciulla onorata. Bonf. Meno repliche ecc.»
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