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358 ATTO TERZO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu{{padleft:374|3|0]] bisogno d’un poco d’acqua, ma prima voglio riporre il mio scrigno. Oimè! non posso più. Trappola... Ah! no, non voglio che egli veda lo scrigno. Lo riporrò sotto il letto... Ma non ho forza. M’ingegnerò. Ah! demonio, lasciami stare il mio oro, lasciamelo godere anche un poco. (lo spinge, e lo fa andar sotto il letto) Eccolo riposto; ora vado a ber l’acqua, per lo spavento che ho avuto. È ben coperto? Si vede? Sarebbe meglio ch’io stessi qui... Ma se ho bisogno di bere. Anderò e tornerò. Farò presto. Due sorsi d’acqua, e torno. (apre ed incontra Lelio)

SCENA IV.

Lelio e detto.

Ottavio. Aiuto, il diavolo.

Lelio. Che cosa avete, signor Ottavio?

Ottavio. Oimè, non posso più!

Lelio. Che cosa è stato?

Ottavio. Che cosa volete qui?

Lelio. Veniva per parlarvi.

Ottavio. Andate via; qui non ricevo nessuno.

Lelio. Vi dico due parole, e me ne vado.

Ottavio. Presto... Non posso più.

Lelio. Ma che avete?

Ottavio. Ho avuto paura.

Lelio. Di che?

Ottavio. Non lo so.

Lelio. Andate a prender qualche[1] ristoro.

Ottavio. In casa non ho niente.

Lelio. Fatevi cavar sangue.

Ottavio. Non ho danari da pagare il cerusico[2].

Lelio. Bevete dell’acqua.

Ottavio. Sì, andiamo.

  1. Pap.: qualche spiritoso.
  2. Pap.: barbiere.
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