Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
IL VERO AMICO | 359 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu{{padleft:375|3|0]]
Lelio. Andate, ch’io vi aspetto qui.
Ottavio. Signor no; venite ancor voi.
Lelio. Vi ho da parlare in segreto.
Ottavio. Via, parlate.
Lelio. Andate a bever l’acqua.
Ottavio. Sto meglio un poco; parlate.
Lelio. Manco male. Io, come sapete, sono in parola di sposar vostra figlia.
Ottavio. Oimè! Acqua[1] non posso più.
Lelio. Ma a concludere queste nozze ci vedo molte difficoltà. Andate a bevere, poi parleremo.
Ottavio. Mi passa, mi passa, parlate.
Lelio. Voi le dovreste dare la dote.[2]
Ottavio. Acqua, acqua, che mi sento morire.
Lelio. Una parola, ed ho finito. Ho sentito dire dalla signora Rosaura, che denaro voi non ne avete[3].
Ottavio. Pur troppo è la verità.
Lelio. Dunque andate a bevere, poi parleremo.
Ottavio. Mi passa. Terminiamo il discorso.
Lelio. Volete maritar la figlia senza la dote?
Ottavio. Bene; io non la mariterò.
Lelio. E l’impegno che avete meco?
Ottavio. Se poi la volete per impegno, prendetela, ma senza dote.
Lelio. Sposarla senza dote? (alterato)
Ottavio. Se non volete, lasciate stare.[4]
Lelio. Non mi sarei creduto una cosa simile, (passeggia verso il letto)
Ottavio. Dove andate? La porta è qui.
Lelio. Dovrò abbandonar la signora Rosaura? (come sopra)
Ottavio. Ma io non posso più.
Lelio. Giuro[5] al cielo! O sposarla senza dote, o lasciarla?
Ottavio. Una delle due.