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378 ATTO TERZO

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Florindo. Ma Trappola perchè ha fatto questa cosa?

Colombina. Credo volesse rubare, ma è stato scoperto dal signor Lelio.

Florindo. Andate, andate, e guardate se la vostra padrona ha bisogno di niente.

Colombina. Vado, vado; voglio rivedere quell’oro. In verità, quando vedo monete d’oro, fo subito tanto di cuore. (parte)

SCENA XXI.

Florindo solo.

Questo scrigno scoperto, quest’oro, questa ricchezza della signora Rosaura è un grande accidente, che fa variar d’aspetto tutte le cose, e mi mette in necessità di riflettere e di pensare. La ragione per la quale Lelio mi cedeva Rosaura, era fondata sull’immagine della sua povertà. Adesso Rosaura è ricca, l’avaro non può negarle la dote; onde, se io la sposo, non solo privo l’amico della fanciulla, ma gli tolgo una gran fortuna, il mio amore adesso è colpevole più che mai, diventa interessato, ed io sono in grado di commettere un latrocinio, e di commetterlo al più caro amico ch’io abbia. Che cosa dunque ho da fare? Come! Vi si pensa in questa sorta di cose? Orsù, Lelio[1] sposi Rosaura, goda la dote,[2] consoli il suo cuore, rimedii ai disordini della sua casa. Ma come s’ha da rimediare[3] al mal fatto? Lelio ha rinunziato al padre di Rosaura le sue pretensioni... Non importa, la scrittura non è stracciata, e la può sostenere. Ma ho promesso al signor Ottavio di sposare la figlia senza la dote, e ciò è messo in carta... Non importa, la carta non è sottoscritta, non obbliga.[4] La maggior difficoltà consiste in persuadere la signora Rosaura. Ella mi ama, ed essendo ormai

  1. Pap.: Orsù, a monte ogni cosa. Lelio ecc.
  2. Pap. aggiunge: goda i danari.
  3. Pap.: s’ha da fare a rimediar.
  4. Segue nell’ed. Pap.: Lelio è un galantuomo, vorrà mantenere meco la sua parola, e vorrà obbligarmi a sposarla... Eh, un poco colle mie parole, un poco colle belle doppie del signor Ottavio, lo metteremo a segno; la maggior difficoltà consiste ecc.
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