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SCENA VI[1].

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Florindo. Le preghiere che mi avete fatte son troppo grandi, e non posso resistere; andiamo dove vi aggrada, e farò tutto ciò che volete. (Qui bisogna crepare, e non vi è rimedio). (da sè)

Lelio. Caro amico, voi mi consolate. Andiamo, che vi farò scorta sino alla casa; poi vi lascerò in libertà di discorrere.

Florindo. (Misero me! Come farò io a resistere?) (da sè)

Lelio. Da voi aspetto la quiete dell’animo mio. Le vostre parole mi daranno consiglio. A norma delle vostre insinuazioni, o lascerò d’amare Rosaura, o procurerò d’accelerare le di lei nozze. (parte)

Florindo. Le mie parole, le mie insinuazioni saranno sempre da fedele amico. Trionferà l’amicizia, e se bisogna, sagrificherò il cuore e la vita stessa. (parte)

SCENA XIII[2].

Colombina e detti.

Colombina. Signora, ecco il signor Lelio. (parte)

Florindo. (Oh bravo, è arrivato a tempo). (da sè)

Rosaura. Ecco il vostro cuore; fategli voi quelle accoglienze che merita, io mi ritiro.

Florindo. Come! ella fugge da Lelio?

Rosaura. Fuggo da Lelio, fuggo da voi, fuggo da due cuori che egualmente m’insidiano.

Florindo. Anche da me ella fugge?

Rosaura. Sì, anche da voi. Volesse il cielo, che vi avessi fuggito prima.

  1. Vedi a p. 319.
  2. Vedi a p. 329.
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