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PAMELA 31

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Jevre. Io vi consiglierei a fare una cosa buona.

Bonfil. Sì, cara mia, ditemi, a che mi consigliereste?

Jevre. a far che Pamela andasse a star con vostra sorella.

Bonfil. Diavolo, portati questa indegna! Vattene, o che ti uccido.

Jevre. (Corda, corda). (da sè, fugge via)

Bonfil. Maledetta! Maledetta! Vent’anni di servizio l’hanno resa temeraria a tal segno. (smania alquanto, poi s’acquieta) Ma Jevre non dice male. Quest’amore non è per me. Sposarla? Non mi conviene. Oltraggiarla? Non è giustizia. Che farò dunque? Che mai farò? (siede pensoso, e si appoggia al tavolino)

SCENA VIII.

Miledi Daure e detto.

Miledi. Milord, perchè non mi volete ricevere?

Bonfil. Se sapete che non vi voglio ricevere, perchè siete venuta?

Miledi. Parmi che una sorella possa prendersi questa libertà.

Bonfil. Bene, sedete, se vi aggrada.

Miledi. Ho da parlarvi.

Bonfil. Lasciatemi pensare, mi parlerete poi.

Miledi. (Siede) (Mio fratello ha il cuore oppresso. Assolutamente Pamela lo ha innamorato.[1] Se mai sognar mi potessi, che costei avesse a recar disonore alla casa, la vorrei strozzare colle mie mani. Convien rimediarci assolutamente). (da sè) Milord.

Bonfil. Non ho volontà di parlare.

Miledi. (Voglio[2] prenderlo colle buone). (da sè)

SCENA IX.

Monsieur Villiome e detti.

Villiome. (Entra senza parlare, s’accosta al tavolino; presenta due lettere a Milord. Egli le legge, e le sottoscrive; Villiome le riprende, e vuol partire.)

  1. Segue nelle edd. Bett. e Pap.: Conosco il suo carattere. Egli è vero Inglese, quando si fissa, non v’è rimedio.
  2. Bett.: Conviene.
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