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LA DAMA PRUDENTE | 27 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu{{padleft:37|3|0]]
Eularia. Perfettamente.
Marchese. Me ne rallegro.
Eularia. Favorite, accomodatevi.
Marchese. Amico, voi non sedete? (a Roberto)
Roberto. No, Marchese, perchè parto in questo momento.
Marchese. Accomodatevi, come v’aggrada, (siede vicino assai a Eularia)
Roberto. (Parmi insegni il Galateo, che non convenga al cavaliere sedere tanto vicino alla dama). (da sè)
Marchese. Ieri sera, signora mia, sono stato sfortunato: ho perso[1] al faraone.
Eularia. Me ne dispiace infinitamente. Via, caro don Roberto, non istate in piedi: sedete ancor voi.
Roberto. Perchè volete ch’io sieda? Non lo sapete che ho a uscir di casa? Mi fareste venir la rabbia. (alterato)
Marchese. Caro amico, se la moglie vi brama vicino, è segno che vi vuol bene.
Roberto. Non posso soffrir queste donne, che vorrebbero sempre il marito vicino. A me piace la libertà.
Marchese. Questo è il vero vivere. Ognuno pensi a se stesso.
Roberto. Amico, a rivederci. (andando dalla parte di donna Eularia, in atto di partire)
Marchese. Vi sono schiavo.
Roberto. Donna Eularia,[2] tocchiamoci la mano.
Eularia. Sì, volentieri.
Roberto. (Stando così vicina a quella sedia, vi rovinate il vestito). (piano, toccandole la mano) Oh, a rivederci. (forte)
Eularia. A pranzo venite presto: con permissione. (si scosta dal Marchese)
Roberto. Veramente[3] è un gran mobile! Gran debolezza donnesca rispetto agli abiti! Caro Marchese, compatitela.
Marchese. Io chiedo scusa se inavvertentemente...
Roberto. Oh, a rivederci.
Marchese. Addio, don Roberto.