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I PETTEGOLEZZI DELLE DONNE 453

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Eleonora. Io a Beppo ho sempre voluto bene. Suo padre, che accudisce agli affari miei di campagna, me lo ha raccomandato, e non voglio lasciarlo precipitare.

Beatrice. Volete che lo mandiamo a chiamare?

Eleonora. Sì, mi farete piacere. Avvisiamolo il povero giovine.

Beatrice. Subito. Ehi, Checchino.

SCENA XIII[1].

Checchino e dette.

Checchino. Signora, è qui...

Beatrice. Conosci Beppo?

Checchino. Sì signora, è mio amico.

Beatrice. Trovalo, e digli che venga qui, che gli vogliamo parlare.

Checchino. Sì, signora. Il signor Lelio Ardenti è qui, che vorrebbe riverirla.

Beatrice. Sì, sì, venga. (ridendo. Checchino parte) Lo conoscete il signor Lelio? È il ridicolo delle conversazioni.

Beatrice. Fa lo spasimato con tutte.

Eleonora. E muor dalla fame.

SCENA XIV[2].

Lelio e dette.

Lelio. M’inchino a queste gentilissime dame.

Beatrice. Oh, un tuono più basso. Non siamo dame.

Lelio. Il vostro merito, signore mie, è grande, è grande il vostro merito.

Eleonora. Per meritar qualche cosa, bisognerebbe avere alcuna delle belle qualità, che adornano il signor Lelio.

Lelio. Io ho quella sola di essere adoratore della bellezza, ammiratore della grazia, e servitore umilissimo di lor signore.

  1. Sc. X nell’ed. Bett.
  2. Sc. XI nell’ed. Bett.
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