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76 ATTO SECONDO

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Roberto. Oh, quanto verrei volentieri con voi!

Emilia. Mi fareste il maggior piacere del mondo. Ma, don Roberto, voi stareste male colà.

Roberto. Perchè?

Emilia. Perchè a Castelbuono un marito che non sia geloso, non è stimato. (parte)

Roberto. Mi ingegnerei di farmi stimare.

Rodegonda. Un castello non è per voi. A voi piace che vostra moglie sia servita, e là non avrebbe un cane che la servisse, (parte)

Roberto. (Oh benedetto castello! Servita? O bene o male, mia moglie la servo io). (da sè. e parte)

Eularia.[1] Oh Dio! Che cosa sarà? Che esito avrà il duello? Di me cosa mai si dirà? Se lo sa mio marito, misera me! Cielo, aiutami; cielo, a te raccomando l’onor mio, quello della mia famiglia, quello di mio[2] consorte. (parte)

Fine dell’Atto Secondo.


  1. Precede nell’ed. Pap.: Eccomi, vengo anch’io. Oh Dio! ecc.
  2. Pap.: del mio infelice.
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