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I MERCATANTI | 21 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu{{padleft:31|3|0]] da pagare, riscuotete il denaro. Ho un piccolo affare, mi spiccio, e vengo subito.
Primo Giovine. (Ho paura che il nostro principale, in vece di venire al Banco, voglia andare a Ferrara). (piano al secondo giovine)
Secondo Giovine. (Eppure è un uomo di garbo; ma suo figlio l’ha rovinato). (piano all' altro giovine)
Terzo Giovine. (Quanti padri per voler troppo bene ai figliuoli rovinano la famiglia!) (partono li tre giovani)
SCENA III.
Faccenda e Pancrazio.
Pancrazio. Ora dite quello che volevate dirmi.
Faccenda. Ho sentito, come diceva, quei due giovani parlar sotto voce, e dire che dubitano del pagamento; che la ragione di vossignoria è in pericolo, e che tengono ordine, non ricevendo il denaro, di protestare[1].
Pancrazio. Ah Faccenda, son rovinato!
Faccenda. Che mi tocca a sentire! Sento gelarmi[2] il sangue nell’udir tai parole. Ma come mai, caro signor padrone, come ridursi in questo stato?
Pancrazio. Causa[3] quello sciaurato di Giacinto mio figlio. L’ho messo in piazza, gli ho fatto credito, gli ho dato denari da trafficare, ha fatto cento spropositi, e per coprir lui, ho dovuto andar io in rovina.
Faccenda. Ma perchè dar a lui il maneggio? Perchè fidarsi tanto di un giovinotto?
Pancrazio. Sperava che vedendosi in mezzo a tanti onorati[4] mercanti, impegnato in negozi, in traffichi, con lettere, con affari, si assodasse, badasse al serio, e lasciando le male pratiche, si mettesse al punto di fare onor alla casa e a lui medesimo. Mi sono ingannato, confesso di aver male pensato; ha fatto