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364 ATTO TERZO

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Beatrice. Che cosa fa Arlecchino?

Corallina. Serve in tavola.

Beatrice. Voglio vederlo. (s’accosta all’uscio)

SCENA VII.

Arlecchino dalla porta, con un tondo in mano con delle paste sfogliate; e detti.

Arlecchino. (Entrando s’incontra in Beatrice, e resta sospeso.)

Beatrice. Zitto. (ad Arlecchino)

Arlecchino. Cossa feu qua?

Eleonora. Zitto.

Arlecchino. Se i ve vede, poverette[1] vu.

Corallina. Bada bene, non dir nulla.

Arlecchino. Per mi no parlo. Vag a metter via ste bagattelle, e po torno.

Corallina. Che cosa sono?

Arlecchino. Quattro sfoiade: i mi incerti.

Corallina. Lascia un po’ vedere. (ne prende una)

Arlecchino. Bon! comodève.

Corallina. Oh com’è buona!

Beatrice. Lascia sentire. (ne prende un’altra)

Arlecchino. Padrona.

Eleonora. Con licenza. (ne prende anch’essa una)

Arlecchino. Senza cerimonie.

Rosaura. Ed io niente?

Arlecchino. Se la comanda, la toga questa.

Rosaura. Per sentirla. (prende la pasta sfogliata)

Arlecchino. Cussì ho destrigà el piatto presto. Torno a oselar[2].

Corallina. Portami qualche cosa di buono.

Arlecchino. Ande via, siora, che se i ve vede[3]...

Beatrice. Non dir niente.

Arlecchino. Non parlo. (entra e chiude la porta)

  1. Pap.: povere.
  2. A uccellare, a buscar qualche cosa. [nota originale]
  3. Pap. aggiunge: poverelle vu.
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