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362 | ATTO PRIMO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu{{padleft:376|3|0]]
Pantalone. Manco mal, cussì faremo le cosse d’amor e d’accordo.
Rosaura. Signora madre, mi verrete a vedere?
Beatrice. Sì, sì, verrò.
Rosaura. Condurrete il signor Florindo?
Beatrice. Via, via, fraschetta, va a finir la tua manica. (parte)
Rosaura. E non si parla di mangiare.
Pantalone. Vederè, fia mia, che sarè tutta contenta.
Rosaura. Oh! io mi contento di tutto.
Pantalone. Brava, sieu benedetta. Se seguiterè cussì, a sto mondo sarè felice. Beato quello che ve toccherà. No ve dubitè, fia mia, siè bona, e el cielo ve assisterà. A so tempo ve farò novizza[lower-alpha 1] se vorrè, e stè certa che averzirò[lower-alpha 2] ben i occhi, e no ve darò ne un spuzzetta[lower-alpha 3], nè un scavezzacollo, ma un putto sodo, che ve possa mantegnir da par vostro, e che ve voggia ben.
Rosaura. Grazie, signor Pantalone. (Oh se mi desse il signor Florindo, lo prenderei tanto volentieri!) (da sè, parte)
SCENA XX[1].
Pantalone e Lelio.
Pantalone. Sior fio, son qua da ela.
Lelio. Eccomi a’ vostri comandi. (Bisogna imbonirlo). (da sè)
Pantalone. Voleu pensar a muar vita, o voleu che mi pensa a farve muar paese?
Lelio. Signor padre, vi domando perdono dei dispiaceri che finora vi ho dato. Conosco che ho fatto male. Ne sono pentito, e mi vedrete intieramente cangiato.
Pantalone. Distu dasseno, o xelo un dei to soliti proponimenti?
Lelio. Dico davvero, e lo vedrete.
Pantalone. El cielo voggia che ti dighi la verità, e che ti pensi
- ↑ È unita nell’ed. Bett. alle scene precedenti.