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IL MOLIERE 57

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SCENA V[1].

Valerio solo.

Ecco chi vilipende l’onor de’ buoni autori:

Ridicoli, ignoranti, maligni ed impostori.
Avide abiette spugne vanno assorbendo il peggio,
E spremono il veleno al gioco od al passeggio.
Diviso è in popolo folto, ma l’opinion prevale,
Nell’ignorante volgo, di quel che dice male.
E chi non ha talento per comparir creando,
Passar per uom saputo s’industria criticando. (parte)

SCENA VI[2].

Il signor Pirlone e la Foresta.

Foresta. Qui, qui non c’è nessuno. Venga, signor Pirlone,

Lungi da queste stanze sen stanno le padrone.
Pirlone. Molier dov’è?
Foresta.   Venuto è a chiederlo un cursore.
Lo cerca il Tribunale, cred’io per l’Impostore.
Pirlone. Suo danno: la galea, la forca gli conviene;
Impari a parlar meglio degli[3] uomini dabbene.
Foresta. La carità fraterna non opera in voi niente?[4]
Pirlone. Pietà da noi non merta un tristo, un deliquente.
Figliuola, che volete? Un giovine m’ha detto
Che voi mi ricercate.
Foresta.   Che siate benedetto!
Premevami avvisarvi ch’io già son licenziata.
Che di venir con voi sospiro la giornata.
Pirlone. Sì, cara; oimè, pavento... (guarda le porte)
Foresta.   Zitto, zitto, aspettate.
(va a chiudere l’uscio)
Ecco fermato l’uscio. Con libertà parlate.

  1. Nell’ed. Bett. è unita alla scena precedente.
  2. Sc. V nell’ed. Bett.
  3. Bett.: a trattar meglio cogli ecc.
  4. Bett.: Del prossimo l’amore in voi non opra niente?
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