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80 ATTO QUINTO

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Ma se da voi che adoro, barbaro! son tradita,

Posso a chi diedi il cuore, donare ancor la vita.
Tornar più non mi lice, tornar più non vogl’io.
Perduta ho la mia pace, perduto ho l’onor mio.
Farò che il mondo sappia chi fu del mal cagione,
E andrò dove mi porta la mia disperazione.
Moliere. Isabella,[1]) mia vita...
Isabella.   Molier, mia cruda morte...
Moliere. Fermatevi, mia cara, sarò di voi consorte.
Isabella. Se tale ora divengo[2], l’onor vi reco in dote:
Scema, se al volgo ignaro tali follie son note.
Tanti sospiri e tanti, sparsi non siano in vano...
Moliere. Ah, resista chi puote... Mio bene, ecco la mano.
Mia sposa, ecco, vi rendo.
Isabella.   Or son contenta appieno.
Frema la genitrice e crepi di veleno.
Moliere. Domani il sacro rito si compirà.
Isabella.   L’anello
Datemi almen.
Moliere.   Prendete. (si leva uno de’ suoi)
Isabella.   Oh caro! oh quanto è bello!
Voi ponetelo al dito.
Moliere.   Sì, ve l’adatto io stesso.
(lo prende, e glielo pone in dito)
Isabella. Venga la genitrice, venga a sgridarmi adesso.
Moliere. Ma non convien, mia vita, che noi restiam qui soli.
Isabella. Oh come mi stai bene! oh quanto mi consoli!
(parla con l’anello)
Moliere. Ho degli amici in casa, che stetter meco a cena.
Troppo lor sembrerebbe ridicola[3] la scena.
Venite in questa stanza, e stateci sicura.
(accenna la stanza ove è entrato Pirlone)
Isabella. E vi dovrei star sola? Morrei dalla paura.

  1. Bett. e Pap.: Guerrina, oh Dio.
  2. Bett. e Pap.: Se tal divengo adesso.
  3. Bett.: Ridicola un po’ troppo riusciria lor ecc.
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