< Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

LE DONNE GELOSE 137

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu{{padleft:147|3|0]]

Chiaretta. Sior santolo, ben vegnuo. (a sior Boldo)

Boldo. Siora fiozza!

Giulia. Giusto adesso disevimo che no se ve vede.

Boldo. Eh, siora sì, ho sentio che disevi ben de mi.

Giulia. Ve par che sia ora de vegnir a casa?

Boldo. Cara siora, vegno co posso.

Giulia. Dove xelo sta, sior: in donna?

Boldo. In quella che ve scanna.

Giulia. Che boazzo[lower-alpha 1].

Boldo. Se no ghe fusse sta putta, ve responderia per le rime.

Chiaretta. Caro sior santolo, nol ghe staga a criar.

Giulia. El sarà sta dalla so squincia[lower-alpha 2].

Boldo. Son stà dal diavolo che ve porta.

Chiaretta. Sia malignazzo! Se i cria, no andemo altro fora de casa.

Giulia. Ande là, fiozza, diseghe alla massera che la manestra.

Chiaretta. Siora sì, vago. Cari eli, che i fazza presto. (Gh’ho una voggia de veder Baseggio[1], che me sento a morir). (da sè, parte)

SCENA XVII[2].

Siora Giulia, sior Boldo. Boldo si leva il cappello ed il tabarro.

Giulia. Diseme, caro sior, cossa aveu fatto de la scatola de Franza?

Boldo. L’ho vendua.

Giulia. Gh’ho domanda ai putti, i dise che a bottega no l’avè vendua.

Boldo. L’ho vendua fora de bottega.

Giulia. Per quanto?

Boldo. Per cinque zecchini.

Giulia. Dove xe i bezzi?

Boldo. Oh cospetto e tacca via[3]. Anca i bezzi v’ho da mostrar?

  1. Materialaccio.
  2. Innamorata, vaga, ben vista.
  1. Zatta: sior Baseggio.
  2. È unita alla scena preced. nell’ed. Bett.
  3. Maniera di giuramento di persona in collera, ma ritenuta.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.