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180 ATTO TERZO

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Arlecchino. Vago via, siora Lugrezia.

Lugrezia. Animo, andeme a trar do secchi d’acqua.

Arlecchino. Mo se no la vol...

Lugrezia Vią, sier mandria[lower-alpha 1].

Arlecchino. Èla in collera, siora Lugrezia?

Lugrezia. Manco chiaccole; andè a tor sti do secchi d’acqua.

Arlecchino. Siora Lugrezia...

Lugrezia. Siora favetta[lower-alpha 2], che ve sia in tel muso.

Arlecchino. Tutto quel che la comanda. La me strapazza, la me daga: pazenzia! Basta che no la me cazza via. Cara siora Lugrezia! (parte)

SCENA VII[lower-alpha 3].

Siora Lugrezia sola.

El me fa rider, siben che no ghe n’ho voggia. Poveretta mi! Se vien sior Todero a rescuoder la so roba, come faroggio, che no gh’ho la scatola? Xe vero che culia che me l’ha tolta, se la gh’averà fià[1] in corpo, bisognerà che la la metta fora; ma intanto no paro bon co sto galantomo, e ghe sarà dei criori[2]. Basta, bisognerà che m’inzegna. Grazie al cielo, no son tanto scarsa de partii, che no me possa defender.

SCENA VIII.

Sior' ' Baseggio colla camisiola sotto il tabarro, e detta.

Baseggio. Patrona, siora Lugrezia.

Lugrezia. Oh bravo! Via, sè vegnù a tempo.

Baseggio. Vè qua el so codegnuno e la so camisiola.

Lugrezia. Lassè veder mo. Gh’aveu fatto nissuna macchia?

  1. Bestia.
  2. Detto per modestia, per non dir me...
  3. Contrasti.
  1. Fiato. [nota originale][  1]
    1. Bett. aggiunge: spirito.
  2. È unita alla scena preced. nell’ed. Bett.
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