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LA SERVA AMOROSA 231

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Arlecchino. Mi, per dirla, no l’ho manc[1] robà.

Florindo. Dunque, come l’hai avuto?

Arlecchino. Sior Lelio ghe n’ha beccà una sporta, e quest el me l’ha dà, perchè gh’ho fatto lume a beccar.

Florindo. Quello sciocco, quell’indegno rovina il mio patrimonio. Ah, se sapessi dove rinvenir Corallina!

Arlecchino. Anca mi la vorria veder. Ghe vôi ben, e ho ancora in te la testa de far un sproposito.

Florindo. Che sproposito?

Arlecchino. De sposarla.

Florindo. Animalaccio! goffo! ignorante! Felice te, se avessi una tal fortuna! Tu non sei degno. Corallina merita un partito migliore. Io la conosco, so quanto vale il suo spirito, il suo bel cuore, la sua bontà. Vattene, sciocco, che non sei degno d’averla. (parte)

Arlecchino. Ho inteso. El la vol per lu; ma la discorreremo. No digh miga de volerla menar via; la starà con lu: tra servitor e padron no ghe sarà gnente che dir. (parte)

SCENA IX.

Camera in casa di Pantalone.

Corallina e Brighella.

Brighella. Oh siora Corallina! Che bon vento?

Corallina. La signora Rosaura vostra padrona è in casa?

Brighella. La gh’è. Cossa desidereu dalla mia padrona?

Corallina. Ho un paio di calze da vendere; vorrei vedere s’ella le volesse comprare.

Brighella. Volentiera, ghe lo dirò: come vala col vostro patron?

Corallina. Eh, così, così.

Brighella. M’imagino che venderì ste calze per bisogno de magnar.

Corallina. Oh, pensate voi! Per grazia del cielo, sto con un padrone che non mi lascia mancare il mio bisogno. Le vendo,

  1. Nemmeno. [nota originale]
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