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IL FEUDATARIO | 29 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu{{padleft:39|3|0]]
Beatrice. La cosa è veramente ridicola, ma li soddisferò[1]. Andiamo in un’altra camera, e voi, Marchesino, riceveteli con giudizio. Avvertite che sarò dietro la porta a sentirvi[2]. (parte)
Pantalone. Chi no vede, no crede. I xe intrigai morti: no i sa da che parte[3] prencipiar; e che boccon de superbia che i gh’ha, co i xe vestidi da festa! (parte)
Florindo. Mi dispiace trovarmi imbarazzato con costoro. Io non sono avvezzo a questi imbrogli. Ehi!
Servitore[4]. Comandi, Eccellenza.
Florindo. Da sedere. (servitore gli dà una sedia, e parte) Non li tratterò male, ma voglio sostenere il mio grado. (siede)
SCENA IX[5].
Nardo, Cecco, Mengone, Pasqualotto, Marcone, tutti vestiti con caricatura, si avanzano ad uno ad uno, fanno tre riverenze al Marchese, il quale li guarda attentamente e ride senza muoversi.
Cecco. (Avete veduto come ride?) (a Mengone)
Mengone. (Segno che ci vuol bene).
Cecco. (Non vorrei che ci burlasse).
Mengone. (Oh! pare a voi che siamo figure da burlare?)
Nardo. Zitto. (tutti fanno silenzio, e Florindo ride) Eccellentissimo signor Marchesino[6], vero ritratto della bella grazia e della dabbenaggine. La nostra antica e nobile Comunità[7], benchè sia di Montefosco, viene illuminata dai raggi della vostra eloquenza. (sputa, si pavoneggia, e gli altri fanno segni d’ammirazione. Florindo ride) Ecco qui l’onorato corpo della nostra antica e nobile Comunità. Io sono di essa il membro principale, e questi due i miei laterali compagni, e gli altri due, che non hanno che