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IL FEUDATARIO 71

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Florindo. Va via, impertinente.

Arlecchino. No m’ala dito se sopraggiunge?

Florindo. Va al diavolo. (gli dà un calcio)

Arlecchino. È sopraggiunto. (si ritira)

Florindo. Andiamo a casa vostra?

Ghitta. Ho paura di mio marito.

Florindo. E quello che fa il cacciatore? Che va collo schioppetto?

Ghitta. Appunto quello.

Florindo. Per dirvela, anch’io lo vedo malvolentieri. Sarà meglio che non andiamo alla vostra casa.

Ghitta. Non vorrei che egli passasse di qui.

Florindo. Se passerà, non mi conoscerà.

SCENA VII.

Cecco col bastone in distanza, e detti.

Arlecchino. (Vorrebbe avvisar Florindo, ma Cecco minacciandolo lo fa partire) (Se sopraggiunge, a me non giunge). (parte)

Florindo. Io voglio divertirmi fin che son giovane, e voglio stare allegramente[1], a dispetto di chi non vuole. Di qui non vado più via. Mi piace questo paese, e voi principalmente mi piacete assaissimo.

Cecco. (Chi diavolo è costui?) (da sè)

Ghitta. Sì, caro signor Marchesino...

Florindo. Zitto, non mi nominate.

Cecco. (Oh maledetto! ti ho conosciuto). (da sè)

Ghitta. Io sarò sempre contenta, se mi...

Cecco. (Si avanza e la fa partire.)

Ghitta. Oh! domattina portatemi del latte, che voglio farmi una zuppa. Addio, pecoraio. (parte)

Florindo. (Ci sono). (da sè)

Cecco. Ehi! pecoraio.

Florindo. Signor?

  1. Bett.: godermela in Montefosco.
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