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74 ATTO TERZO

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Beatrice. Povero figlio! L’amo teneramente, ma l’amor mio non mi rende cieca. Conosco i suoi difetti e ne procuro la correzione. Veggo i suoi pericoli e cerco di rimediarli. Amore e prudenza sono due guide infallibili ad una madre che ama, che conosce, e non si lascia adulare dalla passione. (parte)

Pantalone. Mi ghe zogheria, che sior Marchese ha scosso el primo tributo del feudo in tante monede de legno. (parte)

SCENA IX.

Camera[1] in casa di Pantalone.

Nardo, Cecco, Marcone e Villani.

Nardo. Non vi è altro rimedio. Se il marchese Florindo ha tempo di vendicarsi, siamo tutti fritti. Bastonarlo? Diavolo!

Cecco. Eh! giuro a Bacco, ho il mio schioppetto; non ho paura[2].

Nardo. Zitto. Ora non sono in casa ne il Marchese, nè la Marchesa, nè Pantalone; subito che viene abbasso Rosaura, prendiamola in mezzo, portiamola a Napoli, e facciamola diventare Marchesa.

Marcone. Che cosa fa, che non viene questa ragazza? Le ho pure mandato a dire, che la Comunità è in sala che l’aspetta.

Nardo. Non vorrei che venisse il Marchese.

Cecco. Che avete paura? Son qua collo schioppetto.

Marcone. Ecco Rosaura. (a Nardo)

Nardo. Presto, facciamole onore e parliamo da Comunità.

Cecco. Viva Rosaura.

Marcone. Viva la Marchesina.

Tutti. Evviva.

  1. Bett. e Pap. aggiungono: o sia sola.
  2. Bett. e Pap. aggiungono: «Marc. Se vengono gli sbirri, vi fanno saltare all’aria con tutta la schioppetta. Cecco. Che sbirri? Che saltare? Giuro a Bacco, gli abbrucierò. Nardo. Zitto ecc.».
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