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76 ATTO TERZO

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SCENA XI.

La Marchesa Beatrice e detti.

Beatrice. Amici, che novità? Che strepito? Che sollevazione?

Rosaura. Signora, il vostro figliuolo ha irritati gli animi di queste genti. La vostra bontà li moderi, li consoli.

Beatrice. Non crediate già che le vostre minacce arrivino a spaventarmi, gente rustica, gente indiscreta! A voi non tocca giudicare sui diritti di chi vi è destinato in signore. L’ardir vostro sarà noto alla Corte, e la vostra temerità sarà giustamente punita.

Nardo. (Mi fa un poco di paura). (da sè)

Marcone. (Questa volta per aggiustarla bisognerà vendere tre o quattro campi). (da sè)

Rosaura. Signora mia, sono mortificata che per mia cagione abbiate a soffrire...

Beatrice. Rosaura, sì, sarete contenta; fidatevi dei temerari, e dichiaratevi mia nemica...

Rosaura. Deh![1] ascoltatemi...

Beatrice. Non mi aspettava da voi un simile trattamento, ma fia per vostro peggio. Se ricusate la mia amicizia, proverete il mio sdegno. (In tale stato è necessario lo spaventarla). (da sè)

Rosaura. Non crediate che io...

Cecco. Noi siamo, che la vogliamo.

Nardo. La nobile antica Comunità.

SCENA XII.

Pantalone e detti.

Pantalone. Eccellenza.

Beatrice. Dov’è mio figlio?

Pantalone. Eccellenza, xe arrivà el cavalier[2] col nodaro e con tutta la corte, e avanti che vegna notte, i se vol distrigar. I vol dar el possesso del feudo al sior Marchese, perchè[3] el cancellier ha da tornar a Napoli.

  1. Bett.: Deh, signora ecc.
  2. Bett. e Pap.: cancellier.
  3. Bett.: perchè subito.
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