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LA CAMERIERA BRILLANTE 279

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SCENA XXIII.

Un Villano ne suoi abiti, e detti.

Villano. Son qua. Vorla che la serva?

Argentina. Via de qua, sior martuffo[1]. Mi no me serve altri che mio mario. Andè a trar dell’acqua; portè delle legne; tendè a quei anemali, che mi no tendo a altri che a mio marìo. (parte)

Traccagnino. Sior sì, vu tendè alle vostre bestie, che mi tenderò alla mia. (parte, ed anche il villano)

Florindo. Oh cara! oh benedetta! oh fosse almeno la verità!

Pantalone. V’ala dà gusto, patrone?

Flaminia. Mi pare che abbia parlato bene.

Clarice. E a me pare che abbia parlato malissimo.

Ottavio. Qual è quella donna che si volesse a una tal legge sagrificare?

Florindo. Peggio sacrifìcio è penare per far quello che non si può fare.

SCENA XXIV.

Argentina colla veste e la berretta da Pantalone, e detti.

Argentina. Fermeve, siori, e no tarocchè, che tutti gh’avè rason. Sior Ottavio va troppo in alto, sior Florindo el va troppo basso; e chi vuol le mie putte, vôi che el vaga per la strada de mezzo. Momola vol che el marìo sia un orso: la contessa dell’Orizzonte la vorria che el fusse una piegora; e mi digo che el marìo l’ha da far co fa i manzi, che sempre i laora compagnai, e no i va soli, se no quando i li porta alla beccaria. Flaminia xe troppo umile; Clarice xe troppo altiera. Sior Ottavio gh’ha troppo fumo; sior Florindo gh’ha del rosto, ma el lo lassa brusar. Saveu chi gh’ha giudizio? chi gh’ha prudenza? Pantalon dei Bisognosi. Nol xe omo che ghe piasa grandezze, ma no ghe piase gnanca l’inciviltae. Nol xe un ar-

  1. Goldoni spiega: babbuino (v. vol. I, p. 161, n. b).
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