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L'AUTORE

A CHI LEGGE.[1]

Q

UESTA commedia, quantunque scritta nel vernacolo veneziano, non è delle più difficili a capirsi da quelli che veneziani non sono. Le frasi sono popolaresche, è vero, ma non dell’infima plebe, ed ho veduto per esperienza, che in varie parti dell’Italia è stata sulle scene felicemente intesa. Ciò non ostante, per qualcheduno avrebbe forse bisogno di quel Vocabolario che ho già promesso[2]

e che avrei voluto in quest’anno perfezionare. Ma chi poteva mai prevedere che dovess’io essere in quest’anno medesimo chiamato in Roma, a dirigere le mie Commedie nel Teatro di Tordinona?[3] Questa cosa io la desiderava da lungo tempo, ma non avrei ardito di domandarla. So quanta bontà si ha per me in quella illustre Metropoli, in cui fioriscono i begl’ingegni, ma posso ragionevolmente temere, che coll’ andar del tempo si scoprano i miei difetti. Tuttavolta sono tanti i motivi che mi persuadono, che supplito ai miei impegni in Venezia, andrò a godere in quest’anno le magnificenze di quella vasta città, che mi vergogno di non aver ancora veduta.[4]

  1. Fu stampata questa prefazione in testa alla commedia nel t. V (1758) dell'ed. Pitteri di Venezia.
  2. Vedasi prefazione alle Massere, nel presente volume.
  3. Memorie di C. G. con note di G. Mazzoni, Firenze, 1907, vol. II, pp. 97-99 e 387-8.
  4. Il Goldoni partì da Venezia per Roma ai 23 novembre 1758, secondo i Diari inediti del Gradenigo.
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