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IL RAGGIRATORE 121

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Carlotta. Bell’azione da somaraccio! piantarci tutti così, senza carità, senza discrezione.

Spasimo. (Non faccia che parli così, signore). (piano al Conte)

Conte. (Amore la fa parlare; si lamenta, perchè l’ho abbandonata), (piano a Spasimo) Vattene, ti chiamerò se averò bisogno. (a Spasimo)

Spasimo. Sì signore. (in atto di partire)

Carlotta. E vostro padre ancora mi ha detto...

Conte. Riposatevi; parleremo dappoi.

Spasimo. (Ha padre vivo il padrone). (da sè)

Carlotta. Eh, caro signor Pasquale...

Conte. Vuoi andartene? (a Spasimo)

Spasimo. Vado subito. A chi dice Pasquale?

Conte. A te l’averà detto.

Spasimo. Fatemi grazia, signore, di dirle il mio nome, che se mi dice un’altra volta Pasquale, non mi terrò di dirle...

Conte. Vattene, e avverti di non parlare.

Spasimo. (Oh, temo voglia esser difficile, che io non dica niente). (da sè, e parte)

SCENA VI.

Il Conte e Carlotta.

Carlotta. Voi siete qui dorato, inargentato, e a casa vostra si muor dalla fame.

Conte. Zitto. Il diavolo vi ha qui portata per rovinarmi. Dite piano, che nessuno vi senta.

Carlotta. Dirò piano quanto volete; ma ora sono con voi, e da voi non mi parto più, e vi ci dovete pensare.

Conte. Se saprete condurvi, se avrete giudizio, io potrò fare la vostra fortuna.

Carlotta. Son venuta qui per disperazione. È stato detto in villa da noi, che voi eravate in Cremona. Son due giorni che giro per ritrovarvi, e nessuno mi sa dar conto di voi. Passando di qui, vi ho veduto a caso alla finestra[1]...

  1. Ed. Pitteri: in finestra.
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