< Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

LA DONNA BIZZARRA 353

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1912, XV.djvu{{padleft:361|3|0]]

L’ira si va calmando nel seno a poco a poco.

Ma sento le faville ancor del primo foco.
Cangerà in dolce riso amore i sdegni suoi:
Pezzo di disgraziato, ci avete a pensar voi.
(al Capitano, ridendo)
Capitano. Io farò il mio dovere.
Baronessa.   Ero ancor io sdegnata;
Ma ora che son sposa, son tutta consolata.

SCENA ULTIMA.

Don Fabio e detti.

Fabio. Eccomi ai cenni vostri. Cosa mi comandate?

(alla Contessa)
Contessa. Un’ode epitalamica, signor, vo’ che facciate.
Fabio. Per quai nozze?
Contessa.   Gli sposi, caro poeta mio.
Eccoli a voi presenti, il capitano ed io.
Fabio. E me lo dite in faccia? e fin nel vostro tetto
Mi chiamate, signora, per dirlo a mio dispetto?
Sì, scriverò di voi quel che mi detta il cuore,
Farò qualche vendetta del mio schernito amore.
Vo’ fare una canzona[1] da dir sulla chitarra.
Prendendo l’argomento da una Donna Bizzarra, (parte)
Capitano. S’egli ardirà di farlo, l’avrà che far con me.
Contessa. Tutto quel che si dice, sì facile non è....
Barone. Ora vo’ raccontarvi....
Contessa.   Già ci avete stordito.
Lasciatemi restare un po’ con mio marito.
Barone. Come pensate voi?... (alla Contessa)
Contessa.   Chetatevi una volta;
Vorrei dir qualche cosa almeno a chi m’ascolta.
Barone. Dite pur.

  1. Così nell’ed. Pitteri.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.