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132 ATTO SECONDO

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Marinetta. Mi?

Ferdinando.   Sarei fortunato[1],
Se l’onor di servirla mi concedesse il fato.
Marinetta. Disela a mi, patron?
Ferdinando.   A lei, signora mia.
Marinetta. Me cognossela?
Ferdinando.   Ancora non so dir chi ella sia.
Marinetta. Con chi no se cognosse, no se se tol sto impegno.
Ferdinando. Se non conosco il volto, vi riconosco al segno.
Marinetta. A che segno?
Ferdinando.   A quel nastro.
Marinetta.   O bella in verità!
No gh’è altri galani in tutta sta città?
Ferdinando. (Parvemi nella voce che sia la Marinetta.
Cercherò di chiarirmi). Graziosa mascheretta.
Comandate il caffè?
Marinetta.   Grazie, la me perdona.
Che se vien mio mario, dasseno[2] el me bastona.
Ferdinando. Siete voi maritata?
Marinetta.   Sior sì, per mia sfortuna.
Gh’ho quattro fantolini, e una putella in cuna.
Ferdinando. (Dunque non sarà questa quella ch’io mi credeva).
Che foste maritata, signora, io non sapeva.
Quel nastro mi ha ingannato.
Marinetta.   Sto nastro? Cara ella
La me diga el perchè.
Ferdinando. Vi dirò l’istoriella.
Un’incognita amante scrissemi in un viglietto,
Ch’io l’averei veduta con questo segno al petto.
Marinetta. No se poderia dar, senza intaccar l’onor,
Che qualche maridada gh’avesse dell’amor?
Ferdinando. Dar si potrebbe ancora. Sareste voi la bella,
Che in questo foglio istesso meco d’amor favella?

  1. Per una distrazione dell’autore, o dello stampatore, manca al verso un intero settenario.
  2. Davvero.
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