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156 ATTO TERZO

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Felice. Vederè che stassera el vegnirà al festin.

Marinetta. Chi xelo? un taggialegne? xelo un spazzacamin?
Felice. El me vol ben Zanetto.
Marinetta.   Caspita, el meritè.
Felice. Nè vero? (a Zanetto)
Marinetta.   Respondeghe. (a Zanetto)
Zanetto.   Gran diavolo che sè!
(in atto di partire)
Felice. Andeu via co sto sesto?
Marinetta.   El se va a inmascherar.
Felice. Oe, mi no vegno a casa.
Marinetta.   La sta con mi a disnar.
Felice. Che staga? (a Zanetto)
Zanetto.   Siora sì; stè pur.
Felice.   Grazie infenite.
Marinetta. Ve ringrazio anca mi.
Zanetto.   Patrone, reverite. (in atto di partire)
Felice. Tolè, tolè le chiave.
Zanetto.   Siora sì, siora sì.
Felice. Xestu in collera. Nane?
Zanetto.   Son.... no so gnanca mi. (parte)
Marinetta. Xelo andà?
Felice.   El xe andà.
Marinetta.   A bon viazo, mastella[1].
Felice. M’avè fatto da rider.
Marinetta.   Se fa cussì, sorella.
Cossa serve coi omeni criar e far musoni?
Quando che no se cria, i deventa più boni.
Bortolo. (Sta putta no se vede). Digo, siora Marina,
Me saverìela dir...
Marinetta.   Cossa cercheu? Bettina?
Bortolo. Giusto ela.
Marinetta.   Disè, no savè gnente?

  1. Mastello, e secchia di legno. - Come si dicesse: vada a farsi benedire.
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