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I MORBINOSI 373

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Andreetta.   Dove xeli sti siori?

Andemose un pocheto a devertir con lori.
Felippo. Ho visto che diversi i s’ha messo a zogar.
Ghe n’ho visto dei attri per orto a spazzizar.
Qualchedun s’ha liogà in ste case vicine,
A devertir un poco ste bele Zuechine.
Andreetta. Voggio andar anca mi.
Felippo.   Ma va là, che ti è belo.
Ti xe sempre in borezzo[1], e no ti xe un putelo.
Quando fastu giudizio? Me par che saria ora.
Ti xe deboto nono, e ti fa el mato ancora?
Andreetta. Del nono e dela nona mi no me togo affani,
Me par giusto de esser ancora de vint’ani.
E se restasse zovene, me sposeria doman,
Ma ti de casa mia ti staressi lontan.
Felippo. Ti ha rason.... Una gondola.
Andreetta.   Vienla da nu?
Felippo.   Me par.
Andreetta. Chi gh’è drento?
Felippo.   No so.
Andreetta.   Vardemo a desmontar.

SCENA II.

Arriva una gondola, dalla quale sbarca sior Giacometto.

Andreetta. Oe; xe qua Giacometto. (a Felippo)

Felippo.   Bravo, compare, bravo.
(a Giacometlo)
Giacometto. Ve saludo, Felippo. Schiavo, Andreetta, schiavo.
Semio deboto tuti?
Andreetta.   Tuti gnancora no.
Ghe ne manca dei altri.
Felippo.   Andeve a cavar zo.

  1. Borezzo, allegria smoderata: vol. VIII, 132 ecc.; XIII, 381 ecc.
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