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PAMELA MARITATA 119

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Bonfil. Da solo a sola, milord? (ad Artur)

Artur. Amico, i vostri sospetti m’insultano molto più delle impertinenze del Cavaliere. Chi ardisce di porre in dubbio la delicatezza dell’onor mio, non è degno della mia amicizia, (parte)

SCENA VI.

Milord Bonfil e il Cavaliere Ernold.

Ernold. a rivederci. (a Bonfil, in atto di partire)

Bonfil. Fermatevi.

Ernold. Eh lasciatemi andare. Artur non mi fa paura.

Bonfil. Ditemi sinceramente...[1]

Ernold. Non mi manca ne cuore, nè spirito, ne destrezza.

Bonfil. Rispondetemi. (forte)

Ernold. Io che ho viaggiato...

Bonfil. Rispondetemi. (più forte, con caldo)

Ernold. A che cosa volete ch’io vi risponda?

Bonfil. A quello ch’io vi domando. Come trovaste voi milord Artur e Pamela?

Ernold. A testa a testa.

Bonfil. Dove?

Ernold. In questa camera.

Bonfil. Quando?

Ernold. Poco fa.

Bonfil. Voi come siete entrato?

Ernold. Per la porta.

Bonfil. Non mettete in ridicolo la mia domanda. Le faceste far l’imbasciata?[2]

Ernold. Sì, ed ella mi fè’ rispondere, che non mi poteva ricevere.

Bonfil. E ciò non ostante, ci siete entrato?

Ernold. Ci sono entrato.

Bonfil. E perchè?

  1. Segue nella cit. ed.: «Cavaliere. Le mie pistole non fallano. Bonfil. Come trovaste voi... C. Ho un polso fermo, che non vacilla. B. Ditemi, in qual maniera... C. Non mi manca nè cuore, nè spirito, nè destrezza. B. Rispondetemi, forte ecc. ecc.»
  2. Ed. cit.: Dite? faceste far ecc.
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