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GL'INNAMORATI 27

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Flamminia. Non istate a credere sì facilmente...

Eugenia. Oh, io già non credo a nessuno.

Flamminia. A Fulgenzio potete credere.

Eugenia. Peggio.

Flamminia. E a me?

Eugenia. Peggio.

Flamminia. Già chi non dice a vostro modo, ha il torto presso di voi. Ecco qui nostro zio.

Eugenia. Chi diavolo c’è con lui?

Flamminia. Un forastiere, mi pare.

Eugenia. Ha sempre seco delle seccature.

Flamminia. Sì, chi sentirà lui, sarà qualche gran personaggio. Sarà di costa di re. Egli magnifica tutte le cose, e si fa burlare da tutti.

SCENA Vi.

Fabrizio, Roberto e dette.

Fabrizio. Signore nipoti, ecco qui un cavaliere, che vi vuol conoscere e favorire: il conte d’Otricoli; una delle prime famiglie d’Italia, di una ricchezza immensa.

Roberto. Mi fa troppo onore il signore Fabrizio. Io non merito nessuno di questi elogi.

Fabrizio. E non serve dire, e non dire: quest’è il primo cavaliere del mondo. In materia di cavalleria, non c’è altrettanto in tutta l’Europa. Fate il vostro dovere col signor Conte. (alle donne, con qualche rispetto[1])

Flamminia. Signore, attribuisco a mia singolar fortuna l’onor di conoscere un cavaliere di tanta stima. (a Roberto)

Roberto. Posso io consolarmi...

Fabrizio. Vede, signor Cavaliere? Questa è Flamminia mia nipote. È vedova. Ha avuto per marito il primo mercante di Milano.

Flamminia. (È morto miserabile il povero disgraziato).

Fabrizio. È una donna[2], che per una casa non si dà la com-

  1. Così l’ed. Zatta. Nell’ed. Pasquali: con qualche risetto.
  2. Nel testo: E una donna ecc.
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