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LA SCOZZESE 217

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Marianna. Oh, se volessi badare a quel che mi piace, troppe cose mi piacciono. Sono avvezza anch’io a star bene. A casa mia non si pensava[1] di niente. Mio padre era mastro di casa; figuratevi se ci dava ben da mangiare. Mio padre è morto; ed io colla speranza di star meglio, sono andata a servire. Oh sì davvero, che ho trovato una padrona con cui si tripudia. Ma non so che dire. Le voglio bene, e mi contento di mortificare la gola. Pazienza. Il cielo provvederà. (parte)

SCENA II.

Fabrizio, poi un Servitore.

Fabrizio. Povera figliuola! mi fa compassione. Ma ella poi non è tanto scrupolosa, come la sua padrona; si degna qualche volta di ricevere qualche piatto, ed io glielo do volentieri.

Servitore. Padrone.

Fabrizio. Ebbene? L’hai trovato quel forestiere?

Servitore. L’ho trovato, ed è venuto con me.

Fabrizio. Dov’è? Perchè non l’hai fatto entrare?

Servitore. Dubitava che ci fossero delle persone. Egli non vuol esser veduto da chi che sia. Ha preso una carrozza; si è chiuso dentro, e vi sta ancora, fin ch’io l’avvisi che può venire liberamente.

Fabrizio. Va; digli che ora non c’è nessuno.

Servitore. Vado subito. (parte)

SCENA III.

Fabrizio, poi il Conte.

Fabrizio. Questa premura di non esser veduto mi mette in qualche apprensione. Ma finalmente io faccio il mio interesse, e non m’imbarazzo di altro; e poi il signor Friport non è capace d’introdurmi persona di mal affare. Eccolo.

  1. Ed. Zatta: non pensava.
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