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LA CASA NOVA 303

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Lucietta. (Eh za, se gh’intende. Sti siori i va a segonda co fa i scovoli per canal[lower-alpha 1]).

Cecilia. Per cossa mo a sior Anzoletlo ghe xe vegnù in testa de far sta muanza spropositada?

Lucietta. Per no dormir in t’una camera dalla banda de tramontana.

Cecilia. Cossa m’importa a mi de la tramontana? Chi ghe l’ha dà sto bel suggerimento? Quel alocco del tappezzier?

Sgualdo. Cara lustrissima, mi no gh’ho dà sto suggerimento, e mi no son un alocco. (con calore)

Cecilia. Oe, sior, coss’è sto alzar la ose[lower-alpha 2]?

Conte. Eh, parlate con più rispetto. (a Sgualdo)

Lucietta. (Stemo freschi. La patrona altiera, el cavalier spaccamonti).

Cecilia. Tornè a metter le cosse come che le giera. Questa ha da esser la camera de la conversazion. (a Sgualdo)

Conte. Questa ha da essere la camera della conversazione.

Sgualdo. La sarà servida. (El sta fresco sior Anzoletto). (parte)

Cecilia. Deme una carega. (a Lucietta)

Lucietta. La servo, lustrissima. (prende una sedia, e la porta a Cecilia)

Cecilia. E sto cavalier alo da star in piè? Cara fia, se volè che i ve diga che sè cameriera, ste cosse no ve le avè da far dir. Vederè, vederè la mia.

Lucietta. Crédela che no sappia?

Cecilia. Via, via, basta cussì, no se responde.

Lucietta. (Ih ih. Lontan diese soldi de azze[lower-alpha 3]). (porta la sedia, e s’ingrugna.)

Cecilia. La se senta, sior Conte. Cossa disela che careghe dure?

Conte. Durissime, non si può sedere.

Cecilia. Eh mi me farò far delle poltroncine. (a Lucietta) Coss’è, siora, anca vu ve n’avè per mal? Oh che zente delicata! me

  1. Scovolo è una picciolo granata, o sia scopa, con cui usasi in Venezia a lavare i piatti, i tondi e le pentole, e quando sono vecchi, e consumati in parte, si gettano in canale, e come stanno a galla dell’acqua, vanno colla corrente, da che è nato il proverbio.
  2. La voce.
  3. Vorrei esser da lei lontana la lunghezza di dieci soldi di refe.
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