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LA BUONA MADRE 429

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SCENA VIII.

Barbara, Agnese, Giacomina e Nicoletto.

Giacomina. Grazie, sala, sior’Agnese.

Agnese. Oh cossa disela? Per ste minchionerie no se ringrazia gnanca.

Barbara. Vedistu, fio? Sior’Agnese la gh’ha pagà una traversa a to sorella.

Nicoletto. E a mi me donela gnente?

Agnese. Cossa vorlo che ghe dona?

Nicoletto. Anca mi una traversa. (ridendo)

Barbara. Oh che matto! sentela co buffoncelo che el xe? (ad Agnese)

Nicoletto. (Magari che la me la dasse! la portevave in calle dell’oca).

Agnese. Oh, se la me permette, siora Barbara, vago a casa.

Barbara. Dirave, se la vol restar a far penitenza[lower-alpha 1], ma la penitenza la saria troppo granda per ela.

Agnese. Grazie, grazie, siora Barbara. Bisogna che vaga a casa, che aspetto zente. Oe, la diga, se vien sior Rocco, vorla che intaolemo[lower-alpha 2] gnente el discorso?

Barbara. Oh, cossa vorla intaolar? In ancuo[lower-alpha 3] come vorla che ghe prometta mille ducati de contai, e po tutto quello che ghe vien drio?

Agnese. Mo m’ala ditto dei domile ducati?

Barbara. E mio fio, poverazzo?

Agnese. Per so fio qualcossa sarà; no la pensa a so fio. La me daga la vesta e el zendà.

Barbara. Via, servila, Giacomina.

Giacomina. Subito. (prende la roba, e l’aiuta)

Barbara. (Oh el cielo lo voggia! mi credo che moriria de consolazion). Via, vate a metter el tabarro. (a Nicoletto)

Nicoletto. Subito. (Per diana gh’ho a caro, farò un’altra sbrissadina[lower-alpha 4] in calle dell’oca). (parte)

  1. Se vuol restar a pranzo.
  2. Che intavoliamo.
  3. In oggi.
  4. Scappatina.
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