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LE BARUFFE CHIOZZOTTE 93

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Orsetta. Mi da là a là[lower-alpha 1] no gh’è altro.

Libera. Mi? Co no son tirada per i cavei, no parlo mai co nissun.

Isidoro. E vu, Checca?

Checca. De diana! A mi me piase stare in pase co tutti.

Isidoro. Via donca, pacifichève, basève.

Orsetta. Mi sì.

Lucietta. So qua.

SCENA XXIV.

Pasqua e detti.

Pasqua. Cossa? cossa fastu? Ti vuò far pase? Con custìe? co sta zente?

Isidoro. Oh! vegnireu vu adesso a romper le scatole[lower-alpha 2]?

Pasqua. Me maraveggio: le m’ha strapazzà.

Isidoro. Quietève anca vu, fenimola.

Pasqua. No me voggio quietare; me diole ancora sto brazzo. No me voggio quietare.

Orsetta. (Magari l’avessio strupià[1]!)

SCENA XXV.

Paron Toni e detti.

Isidoro. Oe, paron Toni.

Toni. Lustrissimo.

Isidoro. Se no farè far giudizio a vostra muggier...

Toni. Ho sentio, ho sentio, lustrissimo, ho sentio. Animo; fa pase. (a Pasqua)

Pasqua. No voggio.

Toni. Fa pase. (minaciandola)

Pasqua. No, no voggio.

Toni. Fa pase, te digo; fa pase. (tira fuori un legno)

  1. Da un momento all’altro.
  2. A seccarci? A guastare quel che si è fatto?
  1. Strupiar, storpiare.
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