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L'AUTORE

A CHI LEGGE[1].

T

u mi vedi, Lettor carissimo, passato d’Italia in Francia. Conoscerai dalla Commedia che or ti presento, ch’io ho scritto per un paese a me nuovo e che ho cercato in qualche scena di produr me medesimo per implorare quell’indulgenza che io sapea di non meritare. La fortuna ha voluto farmi del bene: la Commedia è stata ben ricevuta, e questo pubblico mi ha incoraggito. Per far parte di questa mia contentezza a’ miei amorosi compatrioti, trasmetto questa mia Commedia in Venezia per farla imprimere nel quinto Tomo della mia novella edizione[2] pregando i miei padroni e gli amici miei di aggradirla, giacché la mia situazione presente non mi permette di poter per essi far d’avvantaggio. Terminati i due anni del mio impegno a Parigi[3] non so dire io medesimo, che cosa sarà di me. Il favore che ha ottenuto questa mia prima operetta non mi lusinga di aver sempre la stessa sorte. Conosco me stesso; ed ho ragion di temere. S'io fossi uno di que’ filosofi che gioiscono oggi, senza pensare al domani, sarei felice. Niente di meglio posso presentemente desiderare. Sono in un gran paese, provveduto decentemente, amato più ch’io non merito, e calcolato piucch’io non vaglio. Aggiungasi a ciò un altro bene: fatico meno. Non ti pensare, Lettor cortese, ch’io sia l’amico dell’ozio; non potresti pensarlo se tu volessi, rammentandoti quanto ho travagliato sinora. Dono a Parigi le stesse ore allo studio, ch’io donar soleva in Italia, ma pure fatico meno, poiché lo scrivere una Commedia in due mesi è un’applicazion che diletta, e lo scriverla in dieci giorni è un lavorar che affatica. E perchè (mi dirai) lavorarla in sì pochi

  1. La presente prefazione fu stampata in testa alla commedia nel l. V (1763) dell’ed. Pasquali.
  2. Alludesi all’ed. Pasquali.
  3. Allude il Goldoni, come si sa, al suo impegno presso il Teatro Italiano di Parigi. Ricordiamo qui la lettera di dedica dei Rusteghi, nel vol. XVIII della presente edizione; e la lettera del G. all’Albergati, 5 sett. 1761 pubblicata dal Masi.
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