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IL MATRIMONIO PER CONCORSO 527

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SCENA V.

Anselmo, Roberto e detti

Roberto. Che c’è di nuovo, signori miei? Che rumore è questo?

Traversen. Oh voi, che siete italiano, conoscete quell’uomo che parte ora di qui? Che va verso la picciola porta?

Roberto. Lo conosco per a[1]. In quanto al padre, accordo ancor io che non vi è niente di più ridicolo al mondo, ma rispetto alla giovane, vi assicuro sull’onor mio, ch’ella[2] in tutti i generi è singolare. Possiede tutto: beltà, grazia, spirito, compitezza, talento, e soprattutto un fondo di virtù e di onestà impareggiabile.

Traversen. Anche virtuosa! anche onesta!

Rose. Quando il signor Roberto lo dice, sarà così.

Anselmo. (Povero signor Roberto, la passione lo accieca; ma io procurerò illuminarlo[3]. (da sè)

Traversen. (Roberto mi mette in grande curiosità. Se fosse veramente un affare buono, ci applicherei anch’io volentieri. (da sè)

Roberto. Signor Anselmo, volete che beviamo il caffè?

Anselmo. Veramente avrei necessità di spicciarmi.

Roberto. Questa è una cosa che si fa in un momento. Ehi, caffè per due. (Il garzone porta il caffè; Roberto ed Anselmo siedono[4]

Traversen. (Chi sa? Se mi piace la donna, se la dote mi accomoda, si può chiudere un occhio sulla caricatura del padre). (parte)

Fontene. Monsieur la Rose, volete che andiamo insieme a veder questa maraviglia?

Rose. Ben volentieri.

Fontene. Oh si sa[5]; quando si tratta di un’italiana, vi levereste di mezzanotte.

  1. C. a.: figlia.
  2. C. s.: che.
  3. C. s.: d’illuminarlo.
  4. C. s.: Garzone porta caffè. Siedono.
  5. C. s.: Eh si sa. Quando ecc.
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