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IL MATRIMONIO PER CONCORSO | 541 |
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SCENA XIII.
Anselmo, poi Roberto.
Anselmo. Guardate, quando si dice degli accidenti che accadono; ecco un’altra maraviglia simile a quella del signor Roberto.
Roberto. Servitore, signor Anselmo.
Anselmo. Oh signor Roberto, appunto in questo momento pensava a voi.
Roberto. Si è veduto il signor Pandolfo?
Anselmo. Non l’ho veduto, e credo non sia ancora ritornato.
Roberto. Sono impazientissimo di vederlo.
Anselmo. Sempre costante, è[1] egli vero?
Roberto. Costante più che mai. Vi prego non mi parlare sopra di ciò.
Anselmo. No, non dubitate[2] non vi dirò altro. Vi parlerò di me, vi darò una buona nuova per conto mio.
Roberto. La sentirò volentieri.
Anselmo. Ho maritato mia figlia.
Roberto. Me ne consolo infinitamente; e con chi, signore?
Anselmo. Con monsienr la Rose. È venuto qui, l’ha veduta, gli è piaciuta: detto fatto, gliel’ho promessa.
Roberto. Oh, vedete se si danno i casi improvvisi? E voi vi facevate maraviglia di me.
Anselmo. È verissimo, è il caso vostro medesimo[3]
Roberto. Ora, se mei permettete, verrò a fare una visita alla vostra figliuola[4].
Anselmo. Sì volentieri, andiamo. (S’incamminano)
Roberto. Oh scusatemi. Vedo venire il signor Pandolfo. Ho gran volontà di parlargli.
Anselmo. Servitevi, come vi piace. (Povero[5] innamorato!) Andrò a consolar Doralice, le darò la nuova ch’è maritata. Spero che anche di questa nuova sarà contenta, (entra nell’appartamento[6])