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514 | ATTO SECONDO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1915, XX.djvu{{padleft:558|3|0]]
Lisetta. Signore, dico che avete ragione. Vi domando scusa del dispiacere che vi ho dato, e sono pronta a far tutto quel che volete.
Pandolfo. Mi promettete di abbandonare affatto Filippo?
Lisetta. Sì signore; ve lo prometto.
Pandolfo. Di accettare uno sposo degno di voi e degno[1] di me?
Lisetta. Dipenderò intieramente da voi[2].
Pandolfo. Di esaminare con attenzione il merito de’ concorrenti?
Lisetta. Questo è quello, per verità, che mi dà maggior pena. Caro signor padre, questo concorso è una cosa insoffribile.
Pandolfo. Sareste voi contenta del signor Roberto?
Lisetta. Piuttosto.
Pandolfo. Volete ch’io lo trovi, che gli faccia le vostre scuse, e che lo conduca qui di bel nuovo?
Lisetta. Sì, fate tutto quel che volete. (Per vendicarmi di quel perfido di Filippo).
Pandolfo. Brava la mia figliuola. Son contento, mi consolate. (Ah, colle giovani ci vuol giudizio, ci vuol buona testa. So bene io la maniera.... Oh, politica non me ne manca).
SCENA XVIII.
Il Servitore di locanda, e detti.
Servitore. Signore, è qui un colonello tedesco, che la domanda[3].
Lisetta. (Ah indegno! sarà Filippo senz’altro).
Pandolfo. Mi domanda! Viene forse per vedere mia figlia? (al servitore)
Servitore. Io credo[4] di sì.
Lisetta. Mandatelo via, non lo ricevete. (a Pandolfo)
Pandolfo. Oh diavolo! un colonello! Mi vorreste mettere in qualche impegno.
Lisetta. Ma non avete detto[5] di voler terminare questo maladetto concorso?