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58 ATTO SECONDO

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Vicenzo. Nol ghe xe; el xe a Venezia al siò cancelliere. Vegnirà a esaminare el siò cogitore.

Libera. (Oe, el cogiterà!) (a Orsetta, urtandola, facendo vedere che lo conoscono molto.

Orsetta. (Oe, quel lustrissimo inspiritao[lower-alpha 1]). (a Checca, urtandola e ridendo.)

Pasqua. (Astu sentìo? Ne esaminerà el cogitore). (a Lucietta, con piacere.)

Lucietta. (Oh! gh’ho da caro[lower-alpha 2]. Almanco lo cognossemo). (a Pasqua)

Pasqua. (Sì, el xe bonazzo). (a Lucietta)

Lucietta. (V’arecordeu che l’ha compra da nu sie brazza de merlo da trenta soldi, e el ne l’ha paga tre lire?) (a Pasqua)

SCENA XI.

Isidoro e detti.

Isidoro. Cossa feu qua?

Tutte le donne. Lustrissimo, lustrissimo.

Isidoro. Cossa voleu? Che ve esamina tutte in t’una volta? Ande in sala, aspettè; ve chiamerò una alla volta.

Pasqua. Prima nu.

Lucietta. Prima nu.

Orsetta. Semo vegnue prima nu.

Isidoro. Mi no fazzo torto a nissun: ve chiamerò per ordene, come che troverò i nomi scritti in processo. Checca xe la prima. Che Checca resta, e vualtre andè fora.

Pasqua. Mo za, seguro, la xe zovenetta. (parte)

Lucietta. No basta miga. Bisogna esser fortunae. (parte)

Isidoro. (Gran donne! Le vol dir certo. Le vol dir, se le credesse de dir la verità).

Fortunato. Andemo fuoa[lower-alpha 3], andemo fuoa, andemo. (parte)

  1. Qui vuol dire allegro, brillante.
  2. Ci ho piacere.
  3. Andiamo fuori.
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