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88 ATTO TERZO

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SCENA XIX.

Isidoro e Toffolo.

Isidoro. (Mi so cossa ghe voria per giustarli. Un pezzo de legno ghe voria. Ma averave perso el devertimento). Vien qua, Toffolo.

Toffolo. Lustrissimo.

Isidoro. Vustu che pariamo a sta putta, e che vedémo se se poi concluder sto maridozzo[lower-alpha 1]?

Toffolo. Magari, lustrissimo! Ma bisogna parlare co donna Libera so sorella, e co so cugnà parò Fortunato.

Isidoro. Sarali in casa sta zente?

Toffolo. No so, lustrissimo. Adesso, se la vuò che chiame...

Isidoro. Andemo drente piuttosto.

Toffolo. Mi in ca no ghe posso vegnire.

Isidoro. Perchè no ghe pustu vegnir?

Toffolo. A Chiozza, lustrissimo, un putto donzelo[lower-alpha 2] nol ghe può andare dove ghe xe delle putte da maridare.

Isidoro. E pur so che tra vualtri se fa continuamente l’amor.

Toffolo. In stra[lower-alpha 3], lustrissimo, se fa l’amore; e po la se fa domandare, e co la s’ha domandà, se può andare.

Isidoro. Chiamemole in strada donca.

Toffolo. Olà[lower-alpha 4], parò Fortunato, ghe seu? Donna Libera, olà.

SCENA XX.

Donna Libera e detti, poi paron Fortunato.

Isidoro. (Eh! co sta sorda no me ne voggio impazzar).

Libera. Coss’è? Cossa vustu?

Toffolo. Qua è siò cogitore...

Libera. Lustrissimo, cossa comandalo?

Isidoro. Com’èla! No sè più sorda?

  1. Termine scherzoso, che significa maritaggio.
  2. Giovine da maritare.
  3. In istrada.
  4. Ehi!
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