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LA GELOSIA DI LINDORO 123

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Zelinda. Lindoro, voi eccedete ne’ termini.

Lindoro. Non ho bisogno ne di voi, ne di lui. (si scalda ancora più)

Zelinda. Per amor del cielo, Lindoro...

Lindoro. E voglio ad ogni costo di qua sortire. (più caldo)

Zelinda. Quietatevi, che maniera è questa?

Lindoro. Son padrone di dirlo, di farlo, e non ci starò.

SCENA VI.

Don Roberto e detti.

Roberto. Cos’è questo strepito? Cosa sono questi gridori?[1]

Zelinda. Niente, signore, niente.

Lindoro. Niente, ella dice, ed io dicovi che v’è qualche cosa, e qualche cosa di conseguenza.

Roberto. Ed in qual proposito? (con agitazione)

Zelinda. Signore, son disperata: Lindoro non ha più per me nè amore, nè stima, nè carità.

Roberto. Vostro danno: l’avete voluto a forza. L’ho preveduto che ve ne sareste pentita.

Zelinda. Ah non signore, non sono pentita; se non l’avessi sposato, lo sposarei[2]. (con tenerezza)

Roberto. Sentite, ingrato, sentite? (a Lindoro)

Lindoro. Ella non ha motivo d’essere di me scontenta.

Roberto. E voi qual ragione avete per esserne[3] malcontento di lei?

Lindoro. Ne ho più di quello che voi pensate.

Roberto. Zelinda non è capace...

Lindoro. Di che non è ella capace? Signore, voi non la conoscete.

Zelinda. Ah Lindoro, volete voi farmi perdere la grazia e la protezione di quest’amabile mio padrone?

Lindoro. Voglio uscire di questa casa.

Zelinda. Povera me! (1) (2) (3)

  1. In qualche ed. posteriore si legge: gridi.
  2. Forma dialettale. Le edizioni posteriori correggono; sposerei.
  3. Le edizioni posteriori correggono: essere.
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