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162 | ATTO TERZO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1922, XXI.djvu{{padleft:168|3|0]]
Zelinda. (Va all’armadio, e torna con un cappello vecchio ed un bastone) Tenete questo. Per campagna è buonissimo. Tenete il vostro bastone.
Lindoro. (Tutte le pulizie immaginabili purch’io parta), (da sè)
Zelinda. Andate via...
Lindoro. A rivederci... (in atto di partire)
Zelinda. Aspettate. (toma all’armadio)
Lindoro. (Faccio una fatica orribile a contenermi). (da sè)
Zelinda. Tenete i vostri guanti.
Lindoro. Vi ringrazio.
Zelinda. Ah caro marito, se conosceste il mio cuore...
Lindoro. Sì, sì, lo conosco... a rivederci.
Zelinda. Andate via... (patetica)
Lindoro. Bisogna bene ch’io vada.
Zelinda. E andate via... così...
Lindoro. Come?
Zelinda. Senza... senza nemmeno abbracciarmi?
Lindoro. Ci rivedremo domani... ma... venite qui, abbracciamoci[1]. (S’abbracciano) (L’amo ancor quest’ingrata!) (da sè)
Zelinda. S’asciuga gli occhi piangendo.
Lindoro. (Oh cielo! che lagrime son quelle?) (commosso) (Ah lagrime di rossor, di rimorso, di tradimento). (da sè) Addio, a rivederci. (risoluto)
Zelinda. Sentite... (gli stende le braccia)
Lindoro. (Non posso più). (da sè) Non ho tempo da perdere, a rivederci. (parte senza guardarla)
SCENA V.
Zelinda sola.
E partito. Ah che cova tuttavia nel cuore il sospetto e la gelosia! Ma... e non parla più di sortir di questa casa. Cosa vuol dir questa novità? (resta sospesa)
- ↑ Ed. Zatta: abbracciamosi.