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IL GENIO BUONO E IL GENIO CATTIVO 107

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Garzone. ("Viene con una pipa di tabacco e la presenta ad Arlecchino).

Arlecchino. Coss’è sta roba? Mi domando la chioccolata, e ti me porti una pipa? Sastu che son el cavalier Batocchio? Voio esser respettà, sangue de mi, son el cavalier Batocchio, el cavalier Batocchio. Pipa a mi? A mi pipa? Tiò suso, tocco de senza creanza. (gli rompe la pipa sulla faccia) T’impararà un’altra volta a trattar coi cavalieri della mia stirpe. Animo, la chioccolata, destrighete[1] che no vôi spettar altro. La chioccolata al cavalier Batocchio.

Garzone. Presto, il cioccolato al cavalier Batocchio (con impazienza)
(I quattro Inglesi fanno atti d’ammirazione e d’impazienza. Un altro Garzone porta una tazza di cioccolata. Arlecchino la prende, e volendo sedere, e trovando tutti i tavolini occupati, vuol sedere accanto al Capitano; il Capitano lo guarda con dispetto, si alza, e porta il suo caffè e la sua pipa vicino al Mercante. Arlecchino resta solo, siede, si burla degli Inglesi, i quali fremono. Arlecchino domanda biscottini, gliene portano; mangia, beve, canta e siede, burlandosi degl'Inglesi. In questo

SCENA III.

Due Donne inglesi e i suddetti.

All’arrivo delle due Donne inglesi, Arlecchino si alza, e se ne compiace, e vuol fare il grazioso; esse non gli badano. Il Mercante ed il Capitano ne chiamano una al loro tavolino; ella ci va; essi la prendono in mezzo di loro, e domandano della birra. I Garzoni portano della birra. Arlecchino vuol far il grazioso con l’altra. L’Artefice la fa sedere presso di lui, e domanda birra. Il Piloto va al tavolino dell’Artefice, e li due prendono in mezzo la Donna. Arlecchino arrabbiato vuol meschiarsi in conversazione colle donne, e fa l’insolente cogl’Inglesi. Tutti si alzano adirati contro Arlecchino. Egli si mette in paura, credendo che vogliano insultarlo. I quattro Inglesi gli sono addosso, lo disarmano, e lo sfidano a pugni. Le Donne partono.

Arlecchino. (Eh, me fido dell’anello. Gnente paura). (Li sfida tutti e quattro a pugni. Gl’Inglesi con serietà dicono a vicenda:) No; uno alla volta, senza soperchieria: farò io, tocca a me, voglio io

  1. Nell’ed. Zatta è stampato destrigate.
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