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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu{{padleft:254|3|0]]
Geronte. Mi parlerete ancor di Leandro?
Dorval. Potrebbe darsi.
Geronte. Non vi ascolto.
Dorval. Voi l’odiate.
Geronte. Io non odio nessuno.
Dorval. Ma se voi non volete...
Geronte. Finitela, giocate; giochiamo, o io me ne vado[1].
Dorval. Una parola, ed ho finito.
Geronte. Che pazienza!
Dorval. Voi siete provveduto[2] di beni di fortuna.
Geronte. Sì, grazie il cielo.
Dorval. Più di quello che vi abbisogna.
Geronte. Sì, al servizio de’ miei amici.
Dorval. E non volete far niente per vostro nipote?
Geronte. Non gli darei un baiocco.
Dorval. Per conseguenza[3] voi l’odiate.
Geronte. Per conseguenza voi non sapete quel che vi dite; odio, detesto la sua condotta; dargli del danaro non servirebbe che ad alimentare la sua vanità, la sua prodigalità, e le sue pazzie; che cambi sistema, ed al suo esempio cambierò io pure; voglio che il pentimento meriti il benefizio[4], non voglio che il benefizio impedisca la correzione.
Dorval. (Dopo qualche momento di silenzio pare convinto, e dice d’un tuono flemmatico) Giochiamo, giochiamo.
Geronte. Ecco i miei pezzi rimessi com’eran ieri. Proviamo, giochiamo.
Dorval. (Da sé, giocando) (Sono mortificato).
Geronte. (Giocando) Scacco al re.
Dorval. E quella povera figlia...
Geronte. Chi?
Dorval. Angelica.
Geronte. Oh! quella è un’altra cosa; parlatemi di lei, e vi ascolterò.