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Cavaliere. Vengo di là in questo punto: non ci è nessuno, mia zia e mia sorella sono sortite.

Dorimene. (Ad Eleonora, con un poco di collera) Ma... signorina mia...

Eleonora. (Mortificata fa una riverenza a Dorimene, guardando il Cavaliere) Scusatemi.

Dorimene. (Ad Eleonora con ironia) Bene! a maraviglia.

SCENA XI[1].

Araminta ed ì suddetti.

Araminta. (A parte, e sorpresa) Ah! ah! (ad Eleonora) Mia figlia, la mercante di mode vi aspetta, andate a vedere i pizzi che le avete ordinati.

Eleonora. (Mortificata fa una riverenza, e parte.

Cavaliere.(Fa egli pure una riverenza, e vuol partire.

Araminta. (Al Cavaliere) Se ne va il signor cavaliere? Mi dispiace: avrei qualche cosa da dirgli.

Dorimene. (Al Cavaliere, con vivacità) Restate, restate, signore. Conviene ch’io mi giustifichi in faccia vostra, (ad Araminta) Comprendo, madama, che voi siete al fatto di qualche cosa: vi prego di credere ch’io non ne ho parte alcuna, e che questo incontro, quantunque accidentale, mi è dispiaciuto infinitamente.

Araminta. (Con amicizia a Dorimene, prendendola per la mano) Vi conosco, madama.

Cavaliere. Ah! signore mie, se la mia presenza....

Araminta. (Piano a Dorimene) Fatemi un piacere, vi prego, andate a rivedere mia figlia. Povera fanciulla! la mortifico qualche volta, ma l’amo teneramente, procurate di consolarla.

Dorimene. Con tutto il cuore, madama. (parte

SCENA XII[2].

Araminta ed il Cavaliere.

Cavaliere. Non credo mai, signora, che la mia condotta...

  1. Scena 12, e. s
  2. Scena 13.
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