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Fiorillo. Signore, ho avuto l’onor di aiutare il mio camerata.

Conte. (Con più di collera) Abbiate la compiacenza di andarvene. (Fiorillo parte)

SCENA IV[1].

Il Conte e Frontino.

Frontino. (Fa cattivo tempo. Vedo de’ nuvolotti in aria), (a parte

Conte. (Da sè) (Ma quale sciocchezza è la mia! Qual debolezza aveva io concepita! Il danaro vai molto più di tutte queste antichità rovinate. Sì, sì; la sposerò questa bellezza ritrosa: la sposerò, suo malgrado, malgrado quelli che non vorrebbero, e malgrado me stesso. Ma non più attenzioni, non più riguardi, non più compiacenze per chi che sia), (a Frontino) Smorza tutte queste lumiere.

Frontino. Ch’io le smorzi, signore?

Conte. Sì, assolutamente. Spicciati.

Frontino. Oh! la bella cosa! (prende lo spegnitoio e comincia a smorzare

Conte. (A parte) (M’ingannano... mi deridono.... veggiamo madama Araminta...) (a Frontino) Finirai tu una volta? (spegne egli stesso col suo cappello qualche candela.

Frontino. E la cena, signore? Tutto è pronto per metter in tavola.

Conte, Quanti piatti ci sono?

Frontino. Io ho impiegato tutta l’argenteria, come mi avete ordinato. Vi saranno, tra forti e deboli, ma più deboli che forti, vi saranno quaranta piatti.

Conte. (Spegnendo una candela) Serviranno per quaranta giorni.

Frontino. Ma, signore...

Conte. Finiamola, chiaccherone [2]finiamola, (egli smorza l'ultima candela, e restano all’oscuro.

Frontino. Ecco finito. Siamo restati all’oscuro.

Conte. Perchè hai tu spento l’ultima candela?

  1. Scena 6 dell’originale.
  2. Così nel testo.
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