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328 ATTO QUARTO

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D. Giovanni.   Ah! che in mirarvi

Strugger mi sento in dolce foco il cuore.
Pronunciate quel sì, che mi dia vita;
Ricevete da me la destra in pegno.
Donn’Anna. Sappialo il genitor. Da lui dipende
Il mio voler. Del duca Ottavio io sono
Destinata consorte, e sciorre il nodo
Da me sola non posso.
D. Giovanni.   Eh che l’amore
Tutto può in noi; e se m’amaste, o cara...
Donn’Anna. Che vorreste da me?
D. Giovanni.   La destra in dono;
E poi sappialo il padre. Eh tutto lice
Per formarsi un contento; ed io mi rido
D’un vano inutile rispetto.
Donn’Anna.   E ardite
Di parlarmi così? Ma questa è un’onta,
Che mi provoca a sdegno.
D. Giovanni.   Io vi consiglio
Porgermi in don ciò che rapir potea
Un cuor più risoluto.
Donn’Anna.   E a questo segno
Temerario s’avanza il vostro ardire?
D. Giovanni. Sì, resistete invano: io vo’ da voi
La vostra mano in dono; o questo ferro
Vi darà morte. (impugna lo stile
Donn’Anna.   Ah traditore, indegno!...
Servi, padre, chi ascolta...?
D. Giovanni.   E padre e servi
Chiamate invano, invano i numi istessi
Chiamate, se alla fine[1] a’ cenni miei
Non v’arrendete; o questo ferro immergo...[2]
(don Giovanni s’alza

  1. Nelle prime edizioni si legge: Chiamerete, se al fine ecc.
  2. Nelle prime edizioni: e questo ferro immerso...
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